Leggi e normative

mar242015

Università, rientro dall'estero senza test. Mannucci: sentenza fa torto a chi ha fallito d'un soffio

tags: Medicina

«I giudici amministrativi hanno evidentemente considerato molti argomenti per prendere questa decisione ma, a mio avviso, fa poca differenza se uno studente - trasferitosi all'estero ed evitato il test d'ingresso a Medicina - chieda di rientrare al primo o al terzo anno. Quello studente è in "soprannumero": non era previsto dalla Facoltà e ove, anziché una richiesta singola, un ateneo ne dovesse considerare di numerose vi sarebbero potenziali motivi per pensare in pericolo la qualità dell'insegnamento. Senza contare che il rientro di uno studente che non ha fatto il test non mi pare giusto verso i concorrenti primi esclusi delle liste italiane che per pochi punti hanno dovuto ripiegare su altre scelte». Così Piermannuccio Mannucci, Direttore Scientifico del Policlinico di Milano e docente universitario, commenta la sentenza del Consiglio di Stato del 28 gennaio scorso secondo cui il non aver superato il test d'ammissione a Medicina, Odontoiatria, Veterinaria, legge alla mano, ostacola solo l'ingresso dello studente al primo anno di corso, non ai successivi. Tutto nasce dal ricorso di uno studente messinese iscritto in Romania che, tornato a casa per completare gli studi, si vede rigettare la domanda d'iscrizione a Medicina dall'università di Messina. Il Tar Catania lo riammette perché il giovane non ha potuto vedere i motivi del "no" che invece la legge 241/90 sulla trasparenza degli atti impone di mostrare. L'ateneo si appella, e il Consiglio della Regione Siciliana - che fa le veci del Consiglio di stato ma quando la vicenda è complessa lo investe - esamina la legge istitutiva del test (264/99), scoprendo che nulla prevede per chi evita i quiz, va all'estero e rientra.
I giudici siciliani riflettono: l'articolo 4 della legge 264 parla di "test di ammissione", ma s'intende ammissione al primo anno o iscrizione agli anni successivi? In precedenza il consiglio di stato sia per l'immatricolazione al 1° anno sia per l'iscrizione ad anni successivi aveva sentenziato ch'è obbligatorio il superamento dei quiz. Ma ora ammette che la parola ammissione, come sospettato dai giudici siculi, si riferisce al solo studente che chieda di entrare per la prima volta nel sistema. Bloccare le iscrizioni in anni successivi si porrebbe in contrasto con il principio europeo di libertà di circolazione nato proprio per favorire l'accesso agli studi superiori di studenti di altri stati comunitari. All'ombra di tale principio, mentre per valutare la capacità del candidato basta all'ateneo "un rigoroso vaglio, in sede di riconoscimento dei crediti formativi acquisiti", appare incongruo assoggettare lo studente ad una prova di ammissione che poco c'entra con l'obiettivo di tutelare la qualità dell'istruzione italiana. Mannucci non è convinto della sostanza della risposta. «E' una storia molto italiana - riflette - anche se i termini della legge possono dare ragione allo studente, la sentenza crea un precedente specie ove molti studenti adottassero la consuetudine di rientrare a metà percorso. E si tratta di futuri professionisti che non solo non hanno superato le prove d'ingresso ma non vi si sono neanche cimentati».

Mauro Miserendino

(Fonte: Doctor33 del 24 marzo 2015)


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