Dalle facoltà / sedi universitarie

mar242016

La nuova Primavera delle Università Italiane in 10 punti

Il 21 Marzo è una data simbolica: inizia la primavera. E inizia, o meglio, è iniziata una nuova stagione anche per le Università italiane. La CRUI (Conferenza dei Rettori delle università italiane) ha infatti chiamato a raccolta gli atenei per lanciare un allarme sul rischio di perdita di competitività internazionale. Sono 10 i punti che gli 80 atenei aderenti alla Conferenza dei Rettori hanno messo in evidenza per inaugurare, appunto, una Nuova Primavera accademica. Eccoli:

•L'istruzione universitaria crea individui più liberi e più forti. La laurea aumenta la possibilità di trovare occupazione e consente di guadagnare di più. Fatto 100 lo stipendio di un diplomato, quello di un laureato è pari a 143. Un tasso di disoccupazione pari al 30% per i diplomati, scende al 17,7% per il laureati.

•La presenza di un'università genera territori più ricchi. Attraverso trasferimenti di tecnologia, contaminazione di conoscenza, divulgazione, sanità e servizi per i cittadini, posti di lavoro diretti e indiretti, consumi dei residenti temporanei, miglior qualità della vita culturale. 1 euro investito nell'università frutta almeno 1 euro al territorio.

•Grazie all'università il paese è più innovativo e competitivo. Nonostante crisi e sottofinanziamento l'Italia si colloca all'8° posto tra i paesi OCSE e davanti alla Cina per quantità assoluta e qualità della produzione scientifica.

•L'Italia ha il numero di laureati più basso d'Europa (e non solo). UK 42%; OCSE 33%; UE21 32%; Francia 32%; G20 28%; Germania 27%; Italia 17%.

•L'Italia non investe nell'università. Investimento in euro per abitante: Singapore 573, Corea del Sud 628, Giappone 331, Francia 303 e Germania 304. Italia 109.

•L'Italia ha applicato l'austerity all'università. Fondi pubblici nel 2009: 7.485 mln. Nel 2016: 6.556 (-9.9%). Fondi pubblici 2010-2013: Francia + 3,6% Germania +20%.

•L'università è in declino. Meno studenti, meno docenti, meno dottori di ricerca. 130.000 studenti in meno su 1.700.000 negli ultimi 5 anni. 10.000 docenti e ricercatori in meno su 60.500 dal 2008 al 2015. 5000 dottori di ricerca in meno negli ultimi 5 anni.

•Il diritto allo studio non è più garantito. Italia 0%-9% degli studenti usufruisce degli strumenti di supporto allo studio. In Germania il 10%-30% degli studenti. In Francia fra il 40% e l'80%. Inoltre in Italia il numero degli aventi diritto supera la disponibilità delle risorse.

•Personale tecnico-amministrativo e docenti non sono incentivati. Il contratto di lavoro del personale tecnico-amministrativo è fermo al 2009, gli stipendi dei docenti al 2010. Le retribuzioni sono fra le più basse d'Europa.

•Norme bizantine impediscono all'Università di essere competitiva...

E non è tutto: l'Università compete nella didattica e nella ricerca con avversari internazionali snelli ed efficaci. Ma è trattenuta nel suo slancio dal peso di regole complicate.
Su questi temi il 21 Marzo ogni ateneo aderente alla CRUI ha dato vita a iniziative di riflessione interna e di incontro con gli stakeholder del territorio (per esempio, "Cosa fanno le università per il Paese Italia? E se non ci fossero", è stato il tema del dibattito affrontato presso l'Università di Trieste). Il tutto con l'obiettivo di individuare le nuove sfide da portare al centro del dibattito istituzionale, cercando appunto di rispondere anche a domande provocatorie ma importanti. E, soprattutto, con la ferma convinzione che solo la conoscenza può liberare il futuro dell'Italia. Riflettiamoci.

Simona Recanatini


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