Attualità

mag162017

Precariato in Sanità, Aran conferma crescita. Donne più penalizzate

tags: Medicina
Il precariato negli ospedali sta crescendo, anche tra i medici, ed è al femminile. Lo dicono i numeri diffusi dall'Aran (Agenzia della contrattazione nel pubblico impiego) frutto dei dati 2016 girati da aziende sanitarie ed ospedaliere sui titolari di contratti a tempo determinato tra i quali sono inclusi i collaboratori a progetto. I Cocopro ora dovrebbero essere "tagliati" dalla legge Madia, ma non c'è da gioirne. Per Mirella Triozzi vicesegretario del Sindacato Medici Italiani, di estrazione ospedaliera, «non c'è da gioire dei contenuti della riforma della Pa che ha concesso lo scivolo a tutto il 2018 alle scadenze che le regioni si erano date per stabilizzare i precari alle condizioni fissate nel 2014, riservando loro il 50% dei posti nei concorsi. E non c'è da gioire soprattutto dopo che le commissioni parlamentari hanno chiesto di prolungare ancora i tempi per le stabilizzazioni di qualche altro annetto. I concorsi sono già pochi, spesso non per i posti messi a riserva per i precari, e per un solo medico, e la metà di un medico è zero...».

L'Aran riporta in sintesi che il Servizio sanitario nazionale ha meno precari di altri settori, solo il 5%, cioè 31 mila unità, di cui 21 mila donne; dei 31 mila, 8843 sono medici, e di questi 5319 donne, e dopo un calo nel 2015 c'è stato nel 2016 un incremento inusitato dei contratti a termine che prosegue nel 2017; soprattutto nelle fasce fino ad un anno e in quelle con più di 3 anni di anzianità si sono fatti più contratti a termine e cresce il numero di medici che non aspettano più un lavoro stabile nella propria vita. «Le tabelle Aran ci dicono che le proroghe di volta in volta decise rispetto alla necessità di stabilizzare sono un'autostrada aperta verso il tempo determinato, un contratto che costa un terzo di quello a tempo determinato. Infatti, chi va in pensione gode di un trattamento di esclusività tre volte superiore al neolaureato, l'azienda non deve pagare più le Retribuzioni individuali di anzianità, le retribuzioni di posizione non vengono erogate, insomma sono 2 mila euro in meno mensili». E veniamo ai contratti cococo o cocopro che la legge Madia cancella definitivamente. «Purtroppo a fronte di una figura residuale che se ne va (800-1000 medici, ndr) in regioni come Emilia Romagna ed Abruzzo si fa uso ed abuso crescente di borse di studio di minimo un anno di durata; le Regioni prendono le risorse rimaste nei salvadanai dei progetti obiettivo del Fondo sanitario, come quelli dall'ultimo piano sanitario nazionale, e pagano sia neolaureati sia specialisti». La maggior parte di questi contratti precari è femminile. Alla faccia delle pari opportunità. Magari perché le donne sono meno sindacalizzate? «Non è vero, le donne sono sempre più sindacalizzate perché hanno coscienza forse più degli uomini delle penalizzazioni che tutto il mondo del lavoro subisce. Il motivo per cui le opportunità non sono pari è da una parte nella corrispondenza tra picchi di precariato e fasce d'età in cui la popolazione medica femminile è in maggioranza, dall'altra nel fatto che le donne devono spesso fare una scelta tra maternità e chance di vincere un concorso fuori regione. Le chance non sono uguali in tutte le regioni. Il contratto a tempo determinato per lo più attribuito a donne medico prevale in regioni in piano di rientro dove ci sono limiti importanti per mettere a concorso posti; il contratto a tempo indeterminato prevale invece nelle regioni con i conti a posto dove si fanno i concorsi e qui si spostano tutti i medici che possono, in leggera prevalenza maschi, che hanno in progetto una vita divisa tra lavoro in una regione e affetti in un'altra, e che statisticamente hanno qualche chance in più di legarsi a un lavoro stabile».

(Fonte: Doctor33)

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