Attualità

feb142017

Studio Usa, i pazienti muoiono di meno se curati da medici formatisi all'estero

tags: Medicina
Gli assistiti Medicare ricoverati in ospedale e trattati da internisti laureati fuori dagli Stati Uniti hanno una mortalità a 30 giorni più bassa rispetto ai coetanei curati da chi ha frequentato università nordamericane, secondo i risultati di uno studio pubblicato sul British Medical Journal. «I medici laureati in paesi come Cina, Egitto, India, Messico, Nigeria, Pakistan, Filippine e Siria vengono spesso percepiti come meno competenti dal punti di vita professionale rispetto ai colleghi che hanno frequentato le scuole di medicina statunitensi» esordisce Yusuke Tsugawa, della TH Chan School of Public Health di Harvard, che assieme ai colleghi ha svolto uno studio osservazionale sui beneficiari Medicare ricoverati in ospedale per confrontare la qualità delle cure prestate da internisti laureati all'estero o negli Stati Uniti.

I marcatori di efficacia erano la mortalità a 30 giorni (endpoint primario), il tasso di riammissione a 30 giorni e i costi delle cure. I risultati ottenuti sono stati normalizzati sia per le caratteristiche del paziente come età, genere, etnia, diagnosi e reddito, sia per quelle del medico (età, genere e numero di pazienti trattati). A conti fatti i ricercatori hanno scoperto che il 44,3% dei 44.227 internisti che lavorano negli Stati Uniti è laureato in facoltà di medicina estere. «I medici stranieri sono lievemente più giovani dei laureati in USA - 46,1 contro 47,9 anni - e hanno maggiori probabilità di curare persone di etnia non caucasica assistite da Medicaid e con un reddito medio familiare basso» dice l'autore. «Inoltre, i pazienti curati dai medici laureati all'estero avevano un numero maggiore di comorbilità croniche tra cui insufficienza cardiaca congestizia, malattia polmonare cronica ostruttiva e diabete» riprende Tsugawa, precisando che i soggetti curati dai laureati stranieri avevano una minore mortalità: 11,2% contro 11,6%. «Secondo i nostri calcoli, una differenza di rischio di 0,4 punti percentuali significa che, se la qualità delle cure fosse equivalente nei due gruppi di medici, si potrebbe salvare un paziente in più ogni 250» concludono gli autori.

Bmj. 2017 Feb 2;356:j273. doi: 10.1136/bmj.j273
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28153977


(Fonte: Doctor33)

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