Attualità

nov132015

Dal precariato al lavoro all'estero: dal vademecum Anaao uno spaccato della professione

tags: Medicina
Un labirinto di carte e vincoli, rapporti di lavoro diventati oggetto di "esegesi di parte", complicati meccanismi retributivi e procedure che regolano la carriera professionale, condizioni di lavoro sempre più "gravose e rischiose", scelte aziendali che in nome di riorganizzazioni sanitarie "interpretano le regole o le travalicano". È questo l'universo, in cui si sta muovendo la professione medica, che emerge scorrendo le pagine della prima edizione del Vademecum per il giovane medico in formazione e per il neo specialista - dal titolo "L'alfabeto del giovane medico. Pillole di diritto sanitario" - redatto da Anaao giovani in collaborazione con i consulenti legali dell'Associazione. Un manuale che da un lato si pone come un "primo soccorso e orientamento" sul diritto sanitario e del lavoro, "per sopravvivere nella giungla di leggi e delibere" e che, in ordine alfabeto - dalla A di "Avviso pubblico di selezione" alla Z di "Zaino in spalla, partiamo insieme" - sviluppa, per ogni lettera, un istituto normativo, "tenendo anche conto delle domande che vengono poste al sindacato". Ma dall'altro risulta essere uno spaccato su come sta cambiando la professione: da sfondo, spiega Domenico Montemurro, responsabile nazionale Anaao Giovani, ci sono «sempre più giovani che hanno sete di informazioni e chiedono di non essere lasciati soli». E, riflette Costantino Troise, segretario nazionale Anaao Assomed, se «l'essenza della arte lunga rimane la scienza e la coscienza, il labirinto in cui la professione si muove è fatto di sempre più carte e sempre più vincoli. I rapporti di lavoro sono diventati oggetto di esegesi di parte. Le condizioni più gravose e rischiose». D'altra parte, basta scorrere l'elenco per cogliere queste riflessioni: accanto a voci importanti come Dirigenza medica, Enpam, Graduatorie concorsuali, Libera professione intramoenia, Maternità e paternità, Orario di lavoro, Retribuzione e responsabilità del dirigente, si trova Assicurazione professionale - , «una necessità» oltreché una «condizione imprescindibile richiesta spesso dall'Ente a chi è chiamato a operare in forma continuativa o saltuaria» ma un ostacolo «per chi si avvicina per la prima volta al settore delle assicurazioni professionali» perché «confrontare le diverse proposte sul mercato e orientarsi tra le varie condizioni di polizza risulta particolarmente difficile» -, ma soprattutto Precariato, Tempo determinato, e così via. E proprio l'universo dei contratti a tempo determinato e atipici, di cui il vademecum ripercorre le indicazioni normative, è emblematico, perché scorrendo tutte le voci connesse viene presentata una realtà diversa dalla teoria. A proposito dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, di lavoro autonomo, di prestazione d'opera libero professionale, di natura occasionale (voce Contratti di lavoro) da un lato viene ribadito che «comportano lo svolgimento di attività senza alcun vincolo di subordinazione e in via temporanea» e «la pubblica amministrazione può farvi ricorso solo per esigenze cui non possa far fronte con il proprio personale in sede entro precisi limiti stabiliti dalla legge». Ma andando alla voce Precariato, viene sottolineato «il continuo impiego di personale sanitario con contratti atipici o autonomi, che comportano di fatto lo svolgimento di mansioni assimilabili a quelle di un dipendente». E, in particolare, «l'assegnazione del professionista a turni di servizio, quali guardie o reperibilità, con precisi vincoli di orario settimanale, così come l'esistenza di un meccanismo di rilevamento della presenza, l'adozione di misure disciplinari, l'applicazione di direttive specifiche sulle modalità di esecuzione della prestazione, sono tutti indici che denotano un utilizzo improprio di tale tipologia contrattuale e che di fatto mascherano l'esistenza di veri e propri rapporti di natura subordinata». Cosa che «può costituire il presupposto per rivendicare l'accertamento giudiziale della natura subordinata del rapporto» ma per «un esito positivo è necessario che il lavoratore riesca a dimostrare in concreto (circostanza spesso non facile) la sussistenza di tutti gli indici di subordinazione». Si passa poi al contratto a tempo determinato del dirigente medico: «può essere prorogato fino a un massimo di cinque anni». E, nel prendere atto che il «superamento di tale limite» avviene, viene specificato che «questo può dare luogo a un'azione risarcitoria, mentre la possibilità di chiedere una stabilizzazione per via giudiziale risulta difficile a causa del principio costituzionale dell'accesso concorsuale. Va comunque osservato» continua il documento «che di recente la giurisprudenza della corte di Giustizia europea, nei casi di violazione della normativa, ha addirittura affermato l'obbligo per lo Stato italiano di convertire il rapporto a tempo indeterminato. Sebbene la decisione riguardi il settore scolastico, i principi espressi potrebbero trovare applicazione anche nei confronti dei dirigenti sanitari». E sempre in tema di stabilizzazione viene ricordata «la legge 125 del 2013, che ha introdotto specifiche procedure di stabilizzazione del personale precario delle Pa, che potranno essere attivate fino al 2018, a condizione che siano disponibili posti in organico, sussista effettiva capacità assunzionale, tenuto conto vincoli spesa e di bilancio, esista reale fabbisogno di personale, e nel limite del 50% delle risorse assunzionali previste. Con il Dpcm precari del 2015 sono state poi estese tali procedure al personale della dirigenza e del comparto Ssn». Ma il «ricorso ha natura facoltativa e non si configura come un diritto soggettivo". Inoltre, per quanto riguarda "la platea dei soggetti che possono partecipare», le procedure valgono per i lavoratori «con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato» - restano «esclusi i contratti di natura autonoma, libero professionale, di collaborazione o comunque diversi dal rapporto subordinato». In ogni caso l'anzianità di servizio «può essere maturata anche in amministrazioni sanitarie diverse da quella che ha bandito il concorso, purché dello stesso ambito regionale».
Un capitolo del vademecum è dedicato poi anche a chi consegue un titolo all'estero o è cittadino comunitario (sotto la voce Iscrizione all'Ordine). Per questo secondo caso, chi è «in possesso di un titolo professionale attestante un percorso formativo interamente compiuto in un Paese comunitario può svolgere stabilmente la professione medica in Italia, previa presentazione al ministero della Salute della domanda per il riconoscimento del titolo». Questa prevede «una verifica della regolarità della documentazione presentata», al seguito della quale «è possibile iscriversi all'Albo italiano». L'ordine deve verificare «la conoscenza della lingua italiana». Invece, al contrario, «coloro che esercitano la professione all'estero possono mantenere l'iscrizione all'Ordine provinciale». In ogni caso, «per l'esercizio in ambito comunitario è spesso richiesto il certificato Good standing rilasciato dal ministero della Salute». Mentre «chi ha conseguito il titolo di abilitazione all'estero, può iscriversi all'Albo, se cittadino di uno Stato con il quale il Governo italiano abbia stipulato, sulla base della reciprocità, un accordo speciale che consenta l'esercizio della professione in Italia, purché dimostrino di essere di buona condotta e avere il godimento dei diritti civili».
Se è vero che, tra precariato, lavoro all'estero e altri fenomeni, emerge uno spaccato della professione, va notato che, come ultimo paragrafo, sotto la voce Zaino in spalla, partiamo insieme, c'è il giuramento di Ippocrate: come a ricordare che «a dispetto di tentativi di ridimensionamento» dice Troise «la professione del medico mantiene intatta la sua complessità, vicino com'è ai temi cruciali dell'esistenza quali la vita, la morte, la malattia e la sofferenza, la responsabilità, che rendono questa professione per molti versi unica e insostituibile».

Francesca Giani (fonte: Doctor33, 9 novembre 2015)


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